Limitazioni delle Messe, una battaglia che continua

Sono trascorsi diversi giorni dalla decisione circa la limitazione delle sante Messe da parte del governo francese, che dopo aver rivalutato il limite di 30 fedeli partecipanti alle celebrazioni, ha dato ordini ben precisi circa la disposizione dei posti all’interno delle chiese.

Decisione che, come aveva fatto sapere il ministero francese, dovrebbe avere un prosieguo, “al fine di preparare l’evoluzione delle misure di contenimento a partire dal 15 dicembre prossimo”.

È di questi giorni invece, la notizia della ripresa delle celebrazioni in Irlanda, dove per sei settimane sono state sospese le Messe per ordine del governo, il quale, a partire dalla mezzanotte del 21 ottobre scorso, aveva imposto un nuovo lockdown per le sei settimane seguenti.

Il gov.ie (governo irlandese) nell’ultimo comunicato aveva indicato le nuove restrizioni, chiusure e limitazioni necessarie, a detta del National Public Health Emergency Team, per “portare il numero di nuovi casi quotidiani a un livello accettabile per il sistema sanitario”.

Tra i vari punti del comunicato il governo si è pronunciato anche circa le funzioni religiose, che indica come “religious service”, e dunque “servizi religiosi”  possibili solo online.

Le nuove restrizioni, secondo il primo ministro irlandese Micheál Martin, avrebbero potuto dare l’opportunità di “celebrare il Natale in modo significativo”.

“Una grande delusione”, ha affermato invece l’arcivescovo Eamon Martin, Primate di Irlanda. “Dato che si parla di “salvare il Natale” – continua Martin – il governo deve considerare che per molte persone un Natale significativo è qualcosa di più dello shopping, del mangiare e del bere”.

Come anche in altri Paesi del mondo, dove sono state prese decisione importanti circa la limitazione della libertà, a rimanere aperte sono tutte quelle attività considerate necessarie, come ad esempio i supermercati, le farmacie, i negozi e anche le scuole.  

Ma a questo proposito è significativo riportare la domanda che si pone il Primate d’Irlanda, ovvero come è possibile che “si possa andare in un negozio per comprare alcolici, ma non in chiesa per recitare da soli una preghiera”.

Evidentemente, le Messe e l’assistenza spirituale, ovvero quello che il governo chiama “religious service”, non vengono considerati come un bene necessario per la vita delle persone.

Sappiamo invece, che esso è il primo e unico bene necessario, perché come apprendiamo nel Vangelo, bisogna seguire Gesù senza pensare alle cose materiali. Egli infatti dopo aver sfamato con il cibo spirituale provvede anche a quello materiale.

In Italia la situazione non è molto diversa. A dolerci è la decisione presa dalla Conferenza Episcopale Italiana, la quale, alla sessione straordinaria del Consiglio Episcopale Permanente svoltasi il 1° dicembre 2020, ha dichiarato che per la Messa nella notte di Natale è necessario prevedere l’inizio e la durata della celebrazione in un orario compatibile con il coprifuoco deciso dal governo.

A novembre il ministro della salute Roberto Speranza aveva affermato in un’intervista, che alle ore 22 in Italia vige un coprifuoco, per cui ogni attività per quell’ora deve essere sospesa.

Accettare di sottostare alla decisione del governo sull’orario delle celebrazioni, significa confermare tacitamente l’idea che anche le Messe rientrano nell’ambito delle attività che entro l’orario stabilito devono essere sospese.

“Che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?” (Mt 16,26). La salute è un bene prezioso che va preservato in quanto dono di Dio, ma vi è differenza da considerarla in modo tale e farla diventare un’entità assoluta, quasi un idolo, nel cui nome tutto diventa lecito, anche limitare le libertà delle persone.

Possiamo forse “barattare” la nostra anima con la salute? Possiamo pensare che essa è la sola cosa più importante, per cui tutto il resto deve essere  posto al di sotto, fino a permettere che molti dei nostri diritti vengano calpestati e violati?

Si parla di diritti dell’uomo, dei quali giustamente un potere pubblico deve tenere conto, ma sempre meno si parla dei diritti di Dio.

Un richiamo questo, che deve toccare tutti i cuori dei cristiani, invitando a “riprendere l’usata virtù” e “scuotere ogni torpore”, come affermava il venerabile Pio XII. Egli, nel messaggio pasquale Urbi et Orbi del 1953, ricordava ribadendo le parole di Giovanni, che “Vissuta contro Dio, o ignara di Dio, qualsiasi vita, anche insigne per opere e potere, è lampo sterile, che nessuna postuma memoria vale a riaccendere; è destinata nell’al di là a risurrezione di condanna”.

Dunque, più che un tempo per riscoprire un Natale “essenziale” e “austero” come affermano molti, questo è un tempo per riflettere e prendere determinate decisioni come cristiani. Da soldati di Cristo, possiamo forse scendere a compromessi con il mondo e lasciare che il cuore della nostra Fede venga colpito e presentato privo di quel valore infinito che invece possiede?

“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? […] Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,13-16).

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